L’osteomalacia oncogenica è una sindrome rara, caratterizzata da un quadro di ipofosfatemia causata da una eccessiva perdita urinaria di fosfati indotta dalla proteina FGF-23 (fattore di crescita fibroblastico 23), inappropriatamente secreta da un tumore mesenchimale. Di solito la malattia esordisce nell’età adulta, tra i 40-45 anni, ma sono stati descritti anche rari casi pediatrici. I segni clinici caratteristici sono rappresentati da debolezza muscolare, dolore osseo e fratture. Si tratta in genere di neoplasie benigne, di piccole dimensioni, localizzate a livello dei tessuti molli o dell’osso. La rimozione chirurgica completa del tumore è risolutiva e rappresenta la terapia di scelta. La resezione incompleta spesso comporta la recidiva del tumore. Circa il 35-40% dei tumori non viene localizzato. In questi casi la terapia si avvalerà di supplementazioni giornaliere di fosfato e analoghi della vitamina D. Tali trattamenti possono migliorare alcuni aspetti del danno osseo, ma si associano spesso a scarsa compliance e a potenziali rischi quali nefrocalcinosi, ipercalciuria e iperparatiroidismo.
Un nuovo anticorpo monoclonale anti-FGF23 ha dato risultati promettenti nel trattamento del rachitismo ipofosfatemico legato all’X e potrebbe essere efficace anche per l’osteomalacia oncogenica mediata da FGF-23. Burosumab è un anticorpo monoclonale completamente umano anti-FGF23. Il farmaco esercita un ruolo chiave sull’omeostasi del fosfato, inibendone la perdita renale e incrementandone l’assorbimento intestinale attraverso l’aumentata produzione di 1,25OHvitD. Aumentando i livelli sierici di fosforo il farmaco migliora la mineralizzazione ossea, le capacità fisiche e riduce il dolore. Il farmaco si è dimostrato efficace e ben tollerato.
Un recente lavoro pubblicato sul Journal of Bone and Mineral Research, di fase 2 ha valutato sicurezza ed efficacia del suddetto farmaco in un gruppo di pazienti con TIO. Pur trattandosi di un lavoro su un numero limitato di pazienti, esso rappresenta lo studio prospettico più ampio sull’utilizzo del farmaco in questo setting di pazienti e risulta in linea con altri due precedenti lavori, un case report sul trattamento con denosumab in paziente con TIO e un’interim analisi di uno studio di fase 2 in pazienti giapponesi e coreani con TIO. Il farmaco si è dimostrato efficace nel trattamento dei pazienti con TIO in cui la rimozione chirurgica del tumore non è fattibile.
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