Da dicembre 2019 l’infezione denominata Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) secondaria a SARS-CoV-2 (Acute Respiratory Syndrome-Coronavirus-2) si è diffusa in tutto il mondo, colpendo milioni di persone e causando la morte di oltre un milione e mezzo di soggetti.
La mancanza di vaccini e di terapie efficaci validate, ha indotto le Comunità mediche e scientifiche a focalizzare l’attenzione su farmaci già esistenti potenzialmente in grado di arginare la pandemia. Tra questi particolare interesse è stato rivolto alla vitamina D, le cui proprietà immunomodulatrici e antinfiammatorie sono ben note.
Una crescente mole di studi in letteratura supporta l’associazione tra Vitamina D e COVID-19. Recenti lavori dimostrano come adulti con ipovitaminosi D siano a maggior rischio di infezione da SARS-CoV-2 e come la severità dell’ipovitaminosi D sia correlata ad una prognosi peggiore e ad un aumentato rischio di mortalità per COVID-19. Questi risultati suggeriscono un possibile ruolo della supplementazione vitaminica D sulla prognosi di questi pazienti. Tuttavia ad oggi mancano studi randomizzati e controllati volti ad indagare l’effetto dei supplementi di vitamina D sui suddetti outcomes clinici.
Sulla scorta di queste premesse Annweiler G. e collaboratori hanno condotto uno studio con l’obiettivo di valutare l’effetto della supplementazione vitaminica D in una popolazione di anziani fragili ospedalizzati per COVID-19, in termini di mortalità (outcome primario) e severità di malattia (outcome secondario). Lo studio ha dimostrato che l’assunzione regolare di boli di vitamina D nell’anno precedente la diagnosi si associa ad una minore severità di malattia e ad una migliore sopravvivenza, mentre nei pazienti trattati dopo la diagnosi non si è osservato alcun beneficio rispetto ai non trattati. Va tuttavia sottolineato che questi pazienti sono stati supplementati con basse dosi di vitamina D (una singola dose di 80.0000 UI).
Pur trattandosi di un lavoro non randomizzato e controllato e su un gruppo limitato di pazienti anziani fragili, i dati che emergono supportano il ruolo della vitamina D quale trattamento adiuvante efficace, accessibile e ben-tollerato per l’infezione COVID-19, la cui incidenza sta crescendo drammaticamente e per la quale attualmente non ci sono terapia validate. Ulteriori studi, in particolare trial di intervento, si rendono necessari per confermare questi dati e valutare se alte dosi di vitamina D, somministrate dopo la diagnosi di COVID 19 in paziente anziani fragili, siano in grado di migliorarne la prognosi.
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