La densità minerale ossea (BMD) spiega oltre l’80% della resistenza dell’osso. La riduzione della densità ossea, misurata tramite metodica DXA (Dual energy X-ray Absorptiometry) fornisce una stima affidabile del rischio di frattura.
Una recente meta-regressione di studi randomizzati e controllati, che ha incluso oltre 100.000 pazienti, ha dimostrato come il miglioramento della BMD a livello femorale e vertebrale sia strettamente correlato con la riduzione dell’incidenza di frattura e possa rappresentare quindi un utile endpoint surrogato della riduzione del rischio di frattura. Da due ampi studi è emerso come maggiore sia il valore di T-score raggiunto a livello femorale nei pazienti in terapia per l’osteoporosi, minore sia l’incidenza di fratture osservata. Tali evidenze, tuttavia, derivano principalmente da trials clinici e i pazienti arruolati possono non essere del tutto rappresentativi della popolazione generale, quindi non riflettere adeguatamente quello che si osserva nella comune pratica clinica.
Un lavoro molto recente ha tentato di affrontare la questione, indagando l’associazione tra BMD del femore totale e rischio di frattura in un setting real world. Si tratta di un ampio studio su oltre 15.000 donne svedesi di età ≥55 anni, distinte in due gruppi a seconda se fossero o meno in terapia con bisfosfonati. Lo studio ha confermato la stretta correlazione inversa tra BMD e rischio di frattura.
Pur con i limiti legati alla natura osservazionale dello studio (impossibilità di validare le fratture da trauma non efficiente, la possibile sottostima delle fratture vertebrali) e al fatto che la popolazione svedese potrebbe non essere del tutto rappresentativa della popolazione generale, si tratta tuttavia di un ampio studio in un setting real word.
Sono attualmente in fase di studio nuovi strumenti per migliorare l’accuratezza nel predire il rischio fratturativo (parametri strutturali dell’osso ricavati da tecniche di HRpQCT, parametri di forza muscolare e performance fisica, tecniche di intelligenza artificiale). Si tratta tuttavia di studi di ricerca clinica che richiedono una validazione nel tempo. Ad oggi la densitometria si conferma il principale strumento nella diagnosi di osteoporosi e nella valutazione del rischio di frattura.
[vc_ebd ebd_shortcode_type=”bc_member” bc_member_avatar=”1″ bc_member_size=”50″ bc_member_name=”stefaniasella”]