E’ quello che si sono chiesti gli autori di questo lavoro pubblicato questo mese su osteoporosis international i cui take-home messages potrebbero a mio avviso essere così riassunti:
- “vacanza terapeutica” dopo almeno 5 anni di terapia con alendronato
- “vacanza terapeutica” solo in chi ha raggiunto un basso rischio di frattura
- si tratta di una “vacanza” e quindi il trattamento va poi ripreso
- un trattamento è vantaggioso anche e soprattutto nei soggetti più anziani compresi gli over 80
Ma esaminiamo i dettagli e gli spunti di riflessione di questo articolo.
La peculiare caratteristica dei bisfosfonati (e non di altre molecole) di legarsi ai cristalli di idrossiapatite e di garantire un “effetto coda” alla sospensione anche per molto tempo ha indotto vari autori e varie società scientifiche a proporre dei periodi di “vacanza terapeutica” soprattutto nei pazienti in trattamento da molti anni. Il razionale di una sospensione del trattamento si basa sui dati ottenuti dallo studio FLEX con alendronato e dallo studio HORIZON con zoledronato. In questi studi, dopo un periodo di 5 anni di terapia con alendronato per os e 3 con zoledronato ev si è osservato che la sospensione del trattamento consentiva comunque di mantenere la densità minerale ossea per un numero di anni quasi equivalente a quello della terapia. Per contro chi continuava il trattamento (fino rispettivamente a 10 e 6 anni) aveva un rischio di fratture vertebrali cliniche inferiore a chi lo aveva interrotto. A fronte di questi dati si è dibattuto a lungo nel mondo scientifico su a chi potesse essere proposta una vacanza terapeutica (già argomento di altre news letters sul nostro sito) e quando.
E’ importante sottolineare fin da subito che tutte le società scientifiche sono sì concordi nel suggerire una vacanza terapeutica, ma solo dopo che sia stato fatto un periodo congruo di trattamento (di almeno 5 anni di terapia con bisfosfonati per os). L’altro punto cardine è che l’eventuale sospensione debba essere proposta solo nei soggetti a basso rischio fratturativo.
Questo emerge anche dall’analisi farmaco-economica di Nayak e Greenspan che hanno ipotizzato vari scenari a seconda dell’età del paziente e della prevalenza di fratture vertebrali pregresse desunte dagli studi epidemiologici per definire se una paziente debba essere. Uno dei limiti di questa analisi è proprio quella di aver tenuto in considerazione quali fattori di rischio solamente età, DXA e prevalenza delle fratture vertebrali basate sugli studi epidemiologici (10% per le donne che iniziavano il trattamento a 50 anni, 20-30 e 40% per quelle che lo cominciavano rispettivamente a 60, 70 e 80 anni). Gli autori hanno peraltro cercato di rispondere anche all’altra domanda precedentemente posta e cioè quando (dopo 5 o dopo 10 anni di terapia) sia più opportuno sospendere temporaneamente la terapia. Il dato grezzo riportato dagli autori ci indica che se un trattamento con alendronato viene avviato in una donna sopra gli 80 anni, dovrebbe essere mantenuto per almeno 10 anni prima di pensare ad una sospensione. Per contro nelle donne più giovani il trattamento andrebbe fatto per almeno 5 anni. Credo sia pleonastico ricordare che l’età è uno dei principali fattori di rischio per frattura e che quindi questi dati vadano intesi non tanto strettamente per cut-off di età quanto per cut-off di rischio. Un trattamento per 10 anni prima della sospensione viene infatti ritenuto vantaggioso sia in termini farmaco-economici che considerando il rapporto rischio-benefici anche nelle donne più giovani se con altri fattori di rischio fratturativo (testati in questa analisi variando l’incidenza di fratture non vertebrali tra il 6° e 10° anno).
Considerando pertanto che questi dati risultano più conservativi della realtà, è importante ricordare che è possibile proporre una vacanza terapeutica nei pazienti in trattamento con aminobisfosfonati ad alta affinità con i cristalli di idrossiapatite ma che la sospensione può essere proposta dopo un periodo di terapia che sarà proporzionale al rischio di frattura del paziente: tanto più alto è questo rischio tanto più a lungo dovrà durare la terapia prima dell’eventuale sospensione
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