Una volta completata la fase di crescita nei pazienti affetti da osteogenesi imperfetta è possibile sospendere la terapia con bisfosfonati senza che si verifichi un aumento delle fratture.
Il dato è stato recentemente pubblicato su JBMR dai colleghi canadesi ma rispecchia un comportamento clinico già in atto tra chi segue i malati di questa patologia sulla base dei dati epidemiologici sulle fratture. I pazienti affetti da osteogenesi imperfetta presentano infatti un rischio fratturativo aumentato soprattutto finchè non si completa la fase di crescita e successivamente con l’insorgere della menopausa e dell’invecchiamento.
In questo studio sono riportati i dati densitometrici DXA e pQCT e l’incidenza di fratture sia cliniche che morfometriche di un gruppo di 31 pazienti di cui erano disponibili valutazioni seriate a 2 e 4 anni dopo la sospensione di un trattamento prolungato con bisfosfonati.
Il risultato clinicamente più rilevante è quello sulle fratture.
Nel periodo di follow-up non si sono verificati cedimenti vertebrali e lo Spine Deformity Score non si è modificato dopo la sospensione del bisfosfonato. L’osteogenesi imperfetta è peraltro caratterizzata da un aumento delle fratture a carico delle ossa lunghe. Considerato questo tipo di eventi, si è osservata una percentuale di fratture del 19% dopo i primi due anni di sospensione e del 16% tra il secondo e il quarto anno, significativamente inferiori al 42% dei due anni precedenti alla sospensione stessa.
Dal punto di vista strumentale è da segnalare dopo la sospensione del bisfosfonato l’incremento ulteriore della BMD vertebrale alla DXA (+4%) mentre alla pQCT sono state osservate una riduzione della densità volumetrica trabecolare a livello delle metafisi (interpretata dagli autori come da riassorbimento delle tipiche linee sclerotiche che si osservano nelle ossa in crescita sottoposte a terapia con bisfosfonati) e un incremento della densità corticale.
Limiti dello studio sono il carattere retrospettivo e la ridotta numerosità della popolazione studiata dovuta alla scelta di analizzare quei pazienti non solo che erano stati sottoposti a tutti gli accertamenti (DXA, pQCT e radiografia della colonna) ma anche di cui era possibile misurare la BMD alla colonna.
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