“Ogni cosa che facciamo è come una goccia nell’oceano, ma se non la facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno” (Madre Teresa)
Credo che tutti noi ci siamo chiesti nell’arco della nostra vita professionale se il nostro singolo e piccolo contributo nella prevenzione dell’osteoporosi avrà mai un impatto tangibile nella riduzione delle fratture.
Lo studio pubblicato su Osteoporosis International in questi giorni ci dà la speranza che questo possa veramente avvenire.
In questo studio hanno valutato la prevalenza di osteoporosi e di fratture da fragilità a distanza di 20 anni nella popolazione canadese riscontrando una riduzione delle stesse, La massa ossea maggiore (valutata a livello del femoral neck perché questo dato era presente in entrambe le casistiche) e la ridotta prevalenza di fratture si manteneva anche dopo correzione del dato per varie covariate. E’ interessante osservare come le variazioni di alcuni classici fattori di rischio come il BMI (più alto nella casistica più recente), il fumo (meno frequente nella seconda casistica) e l’intake di latte non siano in grado di spiegare le variazioni densitometriche osservate. Gli autori hanno riportato negli anni un netto incremento nella percentuale dei soggetti che assumevano supplementazione con vitamina D (dal 35% al 62,4% nelle donne e dal 22,4% al 38,3% nei maschi), un calo dell’uso di integratori di calcio (giustificata verosimilmente da questioni di safety) e un aumento nell’uso di bisfosfonati.
Sembra proprio l’impiego di una terapia anti-fratturativa efficace l’elemento chiave per la riduzione della prevalenza delle fratture osservata nella popolazione canadese con un trend del tutto sovrapponibile a quello descritto in altri studi su popolazioni europee.
I bisfosfonati hanno cominciato ad essere utilizzati diffusamente dopo la pubblicazione della prima casistica e le linee guida canadesi ne suggeriscono l’utilizzo nei pazienti con fratture osteoporotiche maggiori o rischio di frattura a 10 anni pari o superiore al 20% ovvero nei pazienti con osteoporosi densitometrica documentata. Tuttavia considerata la prevalenza di fratture e di osteoporosi, l’impiego dei bisfosfonati è anche in Canada inadeguato. Solo il 6,1% delle donne e l’1% degli uomini con fratture osteoporotiche maggiori infatti stava assumendo un bisfosfonato. Pur con questo gap di sottotrattamento (e con i limiti dello studio osservazionale) è stato possibile documentare una riduzione nel tempo della prevalenza di fratture. Ogni volta però che nella nostra pratica clinica quotidiana prescriviamo un bisfosfonato (o un farmaco efficace nel ridurre il rischio di frattura) contribuiamo a colmare questo divario e alla lotta alle nuove fratture.