Il deficit vitaminico D è particolarmente diffuso nei bambini e nelle donne in gravidanza e questo è sicuramente legato al cambiamento degli stili di vita.
La vitamina D svolge un ruolo chiave nella mineralizzazione ossea che inizia in utero, continua per tutta l’infanzia fino all’età giovanile, quando viene raggiunto il picco di massa ossea. La sua carenza comporta una compromissione dello stato minerale osseo e quindi un aumentato rischio di frattura già nell’infanzia.
Studi in letteratura dimostrano come la supplementazione di vitamina D in gravidanza riduca l’incidenza di ipocalcemia sintomatica nel neonato. Altri lavori sembrano suggerire che essa abbia un ruolo nello sviluppo e crescita del neonato. Tuttavia studi che indagano l’effetto dello stato vitaminico D nella donna in gravidanza sui dati antropometrici e di mineralizzazione ossea dei figli riportano dati contrastanti.
Per quanto concerne i dati antropometrici, due studi randomizzati e controllati sulla supplementazione prenatale di vitamina D non hanno rilevato un effetto sui dati antropometrici, ma hanno riportato una crescita accelerata fino all’anno di età in 134 e 117 bambini, rispettivamente. In contrasto un altro ampio studio randomizzato e controllato (n=1164) non ha riportato un effetto sulla crescita infantile ad un anno. Una recente metanalisi (2018) di RCTs documenta un ridotto rischio di basso peso alla nascita e una maggiore lunghezza a un anno nel gruppo supplementato con vitamina D. Per quanto riguarda i dati densitometrici, studi osservazionali hanno dimostrato un’associazione tra stato vitaminico D materno in gravidanza e contenuto minerale osseo (BMC) del figlio all’età di 9 anni e al picco di massa ossea a 20 anni, mentre altri lavori non hanno confermato il dato. Chawes e collaboratori hanno condotto uno studio randomizzato, controllato, in doppio cieco, in cui è stato confrontato l’effetto in gravidanza di alte dosi di vitamina D (2800 UI/die) rispetto a dosi standard (400 UI/die) sugli outcomes di salute dei figli (Copenhagen Prospective Studies sull’Asma nell’infanzia 2010 COPSAC2010). La supplementazione con alte dosi di vitamina D non ha ridotto in maniera statisticamente significativa il rischio di riacutizzazioni asmatiche, tuttavia un’analisi post-hoc ha dimostrato una riduzione del rischio nei figli delle madri con livelli più alti di vitamina D3 post-intervento. Sulla scorta di queste osservazioni Burstad e collaboratori hanno condotto un’analisi secondaria pre-specificata nell’ambito del sopracitato studio con lo scopo di valutare il possibile effetto della supplementazione con vitamina D in donne in gravidanza sui dati antropometrici e densitometrici dei figli. E’ stato osservato come dosi di vitamina D maggiori rispetto ai dosaggi standard siano in grado di migliorare la salute ossea dei figli. L’effetto è stato maggiormente evidente nei bambini nati da madri con livelli di vitamina D pre-intervento insufficienti e in quelli nati nella stagione invernale. Gli autori concludono suggerendo la necessità di aumentare l’intake raccomandato di vitamina D in questo particolare setting di pazienti. Punto di forza del lavoro è che si tratta di uno studio randomizzato, controllato e in doppio cieco, rappresentativo della popolazione danese. Lo studio non è stato disegnato con questi specifici outcomes e ciò rappresenta sicuramente un limite, tuttavia i risultati in termini di effetti sull’osso sono in linea con lavori precedenti sull’associazione tra stato vitaminico D delle madri in gravidanza e picco di massa ossea dei figli.
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