La dermatite atopica soprattutto nelle forme meno severe potrebbe avere un giovamento dalla supplementazione con colecalciferolo e sarebbe una scelta terapeutica più sicura di quelle attualmente disponibili in età pediatrica.
Lo suggeriscono i risultati di questo studio pilota che offre tra l’altro l’opportunità di comprendere alcuni dei possibili meccanismi alla base degli effetti extrascheletrici del colecalciferolo.
La dermatite atopica è una patologia estremamente comune nell’infanzia tanto che si stima circa 1 bambino su 5 nei paesi ad alto reddito ne sia affetto. Tra i fattori coinvolti nella patogenesi della malattia vi sono una predisposizione genetica ma soprattutto un’alterazione della barriera cutanea con spesso sovrinfezioni batteriche (in primis da Staphylococcus aureus). Il trattamento è generalmente con farmaci topici ed in particolare agenti idratanti, corticosteroidi e inibitori della calcineurina. Questi approcci sono però generalmente costosi e possono associarsi a effetti collaterali anche importanti. Da qui la necessità di identificare approcci terapeutici differenti, efficaci e sicuri anche per l’età pediatrica.
Negli studi presenti in letteratura è stata documentata un’associazione tra carenza di vitamina D e severità della dermatite atopica mentre i dati relativi all’effetto della supplementazione sono contrastanti
Lo scopo degli autori di questo lavoro era quello di valutare clinicamente l’effetto della supplementazione con colecalciferolo sulla severità della dermatite e dal punto di vista molecolare l’espressione di alcune proteine chiamate allarmine che sono alterate in questa patologia
I giovani pazienti (6,8 anni in media con un range dai 2 ai 14) sono stati trattati con una dose settimanale di colecalciferolo per 6 settimane (8000 UI dai 2 ai 5.9 anni; 12000 UI dai 6 ai 11.9 anni e 16000 UI sopra i 12 anni) ottenendo un miglioramento dello score di attività di malattia. In particolare si è osservato uno spostamento in una categoria inferiore di attività (da severa a moderata o da moderata a lieve) nel 59% dei casi e i risultati sono stati migliori per chi aveva al baseline un grado moderato di impegno cutaneo.
Dal punto di vista molecolare si è osservato un incremento di RNA del recettore della vitamina D sulle lesioni atopiche e della catelicidina. Questo peptide è noto per la sua azione anti-microbica nei confronti del micobatterium ma ha un ruolo anche sulla pelle nei confronti dello S. Aureus che come detto sopra è il principale responsabile delle sovrinfezioni in corso di dermatite atopica. In questo studio è stato osservato un aumento statisticamente significativo dell’espressione della catelicidina ma non una riduzione della percentuale di colonizzazione della cute da parte dello S. aureus, verosimilmente per l’esiguo campione considerato: 22 pazienti di cui solo 6 presentavano una colonizzazione batterica al baseline.
Se la casistica ridotta e l’assenza di un gruppo di controllo rappresentano i principali limiti dello studio, mi piace qui ricordare gli aspetti metodologici positivi di questo lavoro:
- -sono stati esclusi i soggetti che già assumevano autonomamente colecalciferolo per poter valutare l’effetto netto di quanto somministrato nello studio
- -lo studio è stato svolto escludendo i mesi estivi per limitare il bias di una diversa produzione di vitamina D dovuta all’esposizione solare
- -i pazienti arruolati avevano nella maggior parte dei casi un’ipovitaminosi D (perlopiù insufficienza, solo alcuni un vero deficit) con livelli medi di 25OH vitamina D di 45 nmol/L e questo è il presupposto per poter valutare l’efficacia della supplementazione
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