E’ noto come i pazienti anziani con disturbi neurocognitivi maggiori siano ad elevato rischio di caduta e quindi di frattura. Le cadute e le fratture rappresentano una delle più frequenti cause di ospedalizzazione in questi pazienti e si associano ad elevata morbidità e mortalità.
Sia gli inibitori della colinesterasi, utilizzati al fine di migliorare lo stato cognitivo, che i farmaci antipsicotici, comunemente prescritti negli anziani con disturbi neurocognitivi per il trattamento dei sintomi neuropsichiatrici, sembrano aumentare il rischio di caduta e di frattura in conseguenza dei loro effetti avversi (sincope, ipotensione ortostatica, sedazione, visione offuscata, sintomi extrapiramidali).
Sebbene molti studi suggeriscano l’associazione tra i suddetti farmaci e il rischio di cadute e fratture, altri lavori, anche recenti, riportano conclusioni differenti. Questi dati discordanti potrebbero essere in parte spiegati dal concetto di “confouding by indication”, ossia dal fatto che i pazienti con disturbi neurodegenerativi possono presentare sintomi neuropsichiatrici (depressione, irritabilità, agitazione, allucinazioni) che inducono la prescrizione di farmaci antipsicotici ed entrambi, sia i sintomi che la terapia stessa, possono aumentare il rischio di caduta e di frattura. Di qui l’importanza di identificare accuratamente il profilo di rischio di questi pazienti al fine di prevenire l’evento clinico.
In un recente lavoro Wang e collaboratori hanno indagato il rischio di caduta e frattura in pazienti trattati con inibitori della colinesterasi e farmaci antipsicotici nel periodo precedente il trattamento, al fine di indagare se il rischio fosse principalmente legato all’utilizzo dei suddetti farmaci o alle patologie sottostanti che ne avevano indotto la prescrizione. Gli inibitori della colinesterasi e gli antipsicotici sono risultati associati al rischio di caduta e frattura, tuttavia il rischio risultava molto più elevato nei 14 giorni pre-trattamento.
Si tratta di un ampio studio di popolazione che, pur con i limiti (disegno dello studio, differente rischio basale, fattori confondenti) sottolinea come il rischio di frattura di questi pazienti sia elevato già prima dell’inizio del trattamento e che si mantenga anche dopo come a suggerire che il paziente non abbia ancora recuperato una condizione di stabilità di malattia nonostante il trattamento in atto. Ulteriori studi si rendono necessari per confermare questa ipotesi.
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