Calcif Tissue Int. 2019 Jul;105(1):107-108. doi: 10.1007/s00223-019-00553-w.
Horne AM, Mihov B, Reid IR.
Abstract non disponibile, si riportano le parti principali dell’articolo
EFFETTO DELL’ACIDO ZOLEDRONICO SULLA PERDITA DI MASSA OSSEA DOPO ROMOSOZUMAB/DENOSUMAB: 2 ANNI DI FOLLOW-UP
Romosozumab e Denosumab sono anticorpi monoclonali per il trattamento dell’osteoporosi. Entrambi hanno una rapida perdita di effetto che si traduce nella perdita della massa ossea guadagnata durante il trattamento e, in alcuni casi, in fratture vertebrali multiple dopo la sospensione della terapia. Avevamo in passato osservato che l’infusione di zoledronato effettuata 6 mesi dopo l’ultima somministrazione di Denosumab in donne che avevano sospeso un trattamento di lungo termine non era in grado di preservare la BMD femorale e solo parzialmente quella vertebrale. Abbiamo ipotizzato che questa mancata efficacia fosse in parte dovuta al basso turnover che si raggiunge dopo il trattamento con Denosumab che comporta un basso uptake del bisfosfonato nello scheletro. Più recentemente, abbiamo pubblicato il dato relativo alle donne che sono state seguite per un anno dopo aver partecipato allo studio FRAME. In questo studio, donne affette da osteoporosi sono state randomizzate a Romosozumab o placebo per un anno e successivamente entrambi i gruppi sono stati trattati con Denosumab in aperto per i successivi 2 anni. Il nostro report ha dimostrato che le infusioni di zoledronato fatte a 11 pazienti dopo un intervallo medio di 65 giorni dalla fine del trial (vale a dire 245 giorni dopo l’ultima iniezione di Denosumab) permettevano di mantenere la BMD. Chi non l’aveva effettuate andava invece incontro ad una perdita del 80-90% di quanto guadagnato in precedenza con Romosozumab-Denosumab. Abbiamo seguito per un ulteriore anno 9 di queste donne trattate con zoledronato. In questo intervallo di tempo non sono state fatte altre terapie. Nel corso del secondo anno di follow-up si è verificata un’ulteriore minima perdita di massa ossea nei tre siti valutati così che alla fine di tutto il periodo la BMD è risultata aumentata del 10,2% rispetto al baseline del FRAME a livello della colonna, del 7,6% al total hip e del 4,3% al collo femorale.
I livelli di P1NP alla fine del follow-up erano 20–60 μg/L, in media 41 μg/L, leggermente più bassi rispetto ai 12 mesi nelle stesse donne e simili a quelli osservati 18 mesi dopo l’infusione di zoledronato in donne osteopeniche non precedentemente trattate con farmaci attivi sull’osso.
Questi dati suggeriscono che la somministrazione di zoledronato 7-8 mesi dopo l’ultima iniezione di Denosumab fornisce una protezione nei confronti del rebound del turnover osseo e della conseguente perdita di massa ossea.
Sono necessari studi prospettici e sistematici per valutare se l’effetto sia simile anche dopo trattamento di lunga durata con Denosumab e se lo zoledronato sia in grado di prevenire anche il rebound delle fratture.